La leggenda del Lago di Pilato ha origini che si perdono nella notte dei tempi. Già presente nella cultura dei Pastori italici, che tra rocce e grotte compivano sacrifici a Ercole, la pessima fama del bacino viene ulteriormente arricchita nei primi secoli dell’era cristiana, quando il lago è additato come il luogo che ha inghiottito il cadavere di Ponzio Pilato, il governatore romano colpevole della crocifissione di Cristo. Secondo questa leggenda, che si ritrova senza apprezzabili differenze sul massiccio del Pilatus, tra i monti della Svizzera centrale, il corpo di Pilato, condannato a morte dall’imperatore Vespasiano, viene chiuso in un sacco e posto su un carro trainato da due bufali imbizzarriti che lo trascinano nel cuore dei Sibillini e lo scaraventano nel lago maledetto. A guardia del sacco viene posto un pretoriano, trasformato in una roccia che ancora oggi sorveglia il lago e che ha il nome di “Gran Gendarme”. E la striscia di ghiaia che costeggia il lago è la traccia della corsa del carro di Pilato!
A consacrare la nerissima fama del Lago di Pilato sono cavalieri ed eruditi medioevali. Sono costoro, perennemente in cerca di fate, streghe e di luoghi misteriosi, a iscrivere definitivamente il bacino nell’elenco dei “luoghi neri” d’Europa. Gli abitanti della vicina Norcia, impauriti dalla maledizione di questo lago, ogni anno erano soliti sacrificare un criminale che veniva gettato nelle acque del lago come tributo ai demoni contro le tempeste e le calamità naturali. Il Lago di Pilato divenne un luogo estremamente proibito tanto da costringere le autorità religiose del tempo a proibirne l’accesso e a far porre una forca, all’inizio della valle, come monito. Intorno al suo bacino furono alzati muri a secco al fine di evitare il raggiungimento delle sue acque.
«Nell’Appennino nel territorio Nursino, vi è il Lago, addimandato Lago di Norcia», scrive Leandro Alberti nella sua “Descrittione di tutta l’Italia” nel 1575. «Essendo volgata la fama di detto Lago appresso gli huomini non solamente d’Italia, ma fuori, cioè che quivi soggiornano i Diavoli, e danno risposta à chi li interroga, si mossero già alquanto tempo alcuni huomini di lontano paese, e vennero a questi luoghi per consagrare libri scelerati, e malvagi al Diavolo… ..havendo disegnato il circolo…..». «Un piccolo isolotto si trova nel centro del lago», scrisse Antoine de La Sale dopo il suo viaggio ai laghi nel 1420, «fatto di una roccia che un tempo era circondata da un muro; la base del muro è ancora visibile in molti punti. Uno stretto passaggio, sommerso dall’acqua per circa un metro e mezzo, conduce dalla riva alla piccola isola; mi è stato detto che per ordine del Papa è stato distrutto dalla gente del luogo per impedire il passaggio a coloro che intendevano raggiungere l’isola di consacrare i loro libri ed evocare i dèmoni».
Il mito attribuisce la costruzione di questo ponte a Cecco d’Ascoli nell’arco di una sola notte, coadiuvato dal diavolo al quale egli impartiva ordini. Proprio nel lago di Pilato, Cecco avrebbe consacrato il suo libro del Comando, che tante generazioni di studiosi avrebbero cercato dopo la sua morte sul rogo, sentenziata dalla Santa Inquisizione, avvenuta a Firenze il 16 settembre 1327.
Oggi, il piccolo lago a 1940 metri di quota, che si divide in estate in due bacini separati da un istmo ghiaioso, non ha più nulla di satanico o inquietante, ma è diventato uno dei luoghi più frequentati di tutto il Parco dei Sibillini.
In piena estate è meta di una moltitudine di escursionisti provenienti da Foce, Forca Viola o dal sentiero che scende dal rifugio Zilioli, attratti dal suo fascino e dalla bellezza del luogo.
(Fonte: Guida al Parco Nazionale dei Monti Sibillini – CARSA ediz.)