Tra Visso e Norcia, già dal XII secolo, non scorreva buon sangue. Castelluccio stessa nacque come presidio dei confini e dei pascoli di Norcia. I castellucciani avevano un ruolo preponderante nella lotta contro le pretese territoriali di Visso, soprattutto riguardanti la zona dell’attuale Pian Perduto (che nel 1276 apparteneva a Norcia) e godevano di terre, franchigie e privilegi comunali se mantenevano la residenza al Castello. Il Comune di Visso nel 1325 ampliò il proprio territorio, a scapito di quello di Norcia, con un acquisto nel piano del Quarto (antico nome del Pian Perduto). Tale acquisto abusivo, mai riconosciuto da Norcia, fu causa di interminabili e sanguinose lotte tra i due Comuni rivali. Si ha notizia di un massiccio intervento di restauro ed ampliamento delle mura di Castelluccio nel 1423, probabilmente per riparare i danni causati dalla guerra tra Norcia e Camerino, alleata dei vissani. Nel 1425 nelle vicinanze della Fonte del Soglio o di Canatra fu letta la sentenza del Vescovo Daniele di Gemona, arrivato personalmente nel luogo, che definiva i confini tra Visso e Norcia. La fonte divenne punto di confine tra le due comunità, anche se sotto giurisdizione. Le baruffe continuarono però sempre più aspre fino allo scontro finale del 20 luglio 1522 quando, nella “Battaglia di Pian Perduto” si affrontarono 6000 norcini e 600 vissani che, sebbene in inferiorità numerica, ebbero la meglio.

L’aspetto più caratteristico di questa vicenda è il fatto di essere narrata in uno straordinario poemetto, scritto nel 600 da un certo Berrettaccia, poeta pastore di Vallinfante. Il poema era composto inizialmente da 94 ottave, completato nel Settecento con l’aggiunta di altre 22 ottave per un totale di 116.

La prima, quella più famosa, recita:

“Giorro gualdese da bisogno mosso
di Cànetra nel bosco taglia un legno:
di Norcia il guardian gli corre addosso
ma il bravo Giorro lo fa stare a segno:
ogni norcin da questo fatto scosso
d’armarsi contro Visso fa disegno:
Norcia che ha più forze vincer crede,
ma vince Visso che nei Santi ha fede”.

Secondo il poema popolare tutto ebbe inizio a causa di un certo Giorro che si era recato nel bosco di Cànatra per abbattere un faggio. Egli fu sorpreso da un guardia boschi di Norcia che esigeva il pagamento di uno scudo e che, nel caso di suo rifiuto, lo avrebbe condotto in prigione. Giorro reagisce a suon di bastonate, per cui la guardia fece ritorno a Norcia coperto di ferite. Questo provocò l’ira dei suoi concittadini che si armarono e decisero di marciare contro Visso, ma i suoi abitanti, anche se inferiori di numero, risposero con le armi in pugno e misero in fuga i Norcini, costringendoli a rinchiudersi in un loro castello. Al termine di questo primo scontro, i Vissani chiesero di poter raccogliere e trasportare i loro feriti, ma furono insultati e bastonati dai Norcini. I Vissani, ritornati nella loro città, fecero suonare a stormo le campane per chiamare alle armi il popolo impegnato nei lavori dei campi. Al suono dei loro tamburi accorsero, per unirsi alla milizia vissana e mettersi agli ordini del Governatore, gli uomini di Castelsantangelo che avevano come condottiero Buzio, il figlio del Conte, “bello e di feroce aspetto”, il quale aveva sulla sua insegna l’immagine dell’Arcangelo San Michele; arrivarono anche gli uomini di Montemonaco, di Montefortino e di Ussita che avevano sulla loro insegna una volpe. A sua volta Norcia chiamò a raccolta tutti gli uomini delle sue contrade e li pose sotto la guida del capitano Arbillo. I due eserciti si affrontarono con grande violenza nell’altopiano di Castelluccio e ci fu molto spargimento di sangue. I Norcini, che avevano mangiato e bevuto abbondantemente prima dello scontro, distratti dalla strategia delle donne di Gualdo che astutamente gli si offrirono, furono sconfitti, persero le armi e il loro vessillo e furono costretti ad abbandonare il campo di battaglia mentre i Vissani, ormai padroni del Piano, ringraziarono i loro Santi protettori per la vittoria conseguita.

Da quel lontano 20 luglio 1522, giorno della battaglia, il Piano, sino allora detto del Quarto o di Cànatra o di Visso, fu chiamato Perduto.

(La Battaglia di Pian Perduto – Illustrazione di Mauro Cicarè)