La croce posta sul Vettore, piegata dal peso del ghiaccio e dal vento che sulla vetta raggiunge velocità eccezionali, è diventata il simbolo identificativo più recente della montagna.

D’altronde innalzare il simbolo della cristianità sulle vette più alte è un’abitudine che si perde nei secoli, un gesto che ha sempre conservato la volontà di dichiarare “consacrati” quei luoghi così remoti ma carichi di valore simbolico.

Il Vettore, come tutte le montagne più alte, non è stato dispensato da questa consuetudine. E’ stato sempre presente nella fantasia dei montanari ed anche chiamato con nomi diversi. Quando Damiano Marinelli il 4 marzo 1876 effettuò la prima ascensione invernale documentata, era conosciuto come Cima Pretara. Si sa anche che i Marsi, sconfitti dai Romani nell’88 a.C. nei dintorni di Marsia (Roccafluvione), furono inseguiti fino alla cima della “Montagna del Vettore” (Rossi Brunori). Agli inizi del secolo era conosciuto come Punta della Croce, per la grande croce di ferro che vi fu eretta nel settembre del 1902, in occasione del Giubileo del 1900.

Il pontefice d’allora, papa Leone XIII, suggerì la costruzione di diciannove monumenti, così quanti erano i secoli trascorsi dalla Redenzione, per un grande omaggio a Dio, da edificarsi su altrettante vette di monti italiani. Successivamente i monti furono portati a 20 con l’aggiunta del monte Capreo nei pressi di Carpineto, città natale di papa Gioacchino Pecci (Leone XIII).

Nel 1900 vennero murati nella porta santa della basilica di San Pietro i venti mattoni provenienti dai rispettivi comitati locali, ed una pergamena esplicativa.

Alcuni monumenti furono realizzati solo in parte, o dopo tempo, come quelli sul monte Vettore. Qui la grande croce, causa i venti impetuosi, non durò neanche un mese! Con il contributo delle diocesi di Ascoli, Fermo, Camerino, Montalto, Ripatransone, San Severino, Terni, Spoleto, Tolentino, Norcia, Macerata, Todi, Foligno, Narni e Rieti fu nuovamente eretta e inaugurata, con solenne cerimonia, nell’agosto del 1903. Anche questa croce però, alta 20 metri, con una sorta di rifugio (“Oratorio”) alla base, “……non resistette al vento impetuoso, che rende spesso impossibile le ascensioni. Si ripiegò, si contorse, si ridusse in pezzi, precipitando nelle vallate, scorrendo lungo i canaloni, rimbalzando di roccia in roccia. Il simbolo della cristianità ritornò in mano dei montanari, per azione della natura, per imprevidenza degli uomini, materia da lavoro. E fu foggiato a zappone, a vomere, a scure, a ferro di cavallo……” (A. Calzecchi Onesti, Le vie d’Italia, 1923).

A memoria del monumento al Redentore restano solo poche pietre sparse di quello che era il grande basamento. Sulla vetta, a 2476 metri s.l.m., c’è la nuova croce contorta dai venti…………o meglio, c’era! Recentemente l’Ingv ha installato una centralina di rilevazione e monitoraggio e non ha trovato altra soluzione che collocarla al posto della croce rimuovendola dal suo storico basamento………esigenze superiori che nulla lasciano ai sentimenti!