Le Fate erano donne bellissime, con piedi caprini, che abitavano in una grotta del Monte Vettore, la “Grotta delle Fate” appunto. Amavano frequentare le feste e i balli nei paesi vicini ma potevano restare tra gli uomini solo di notte, all’alba dovevano rientrare nel loro territorio. Si racconta come durante uno di questi balli, all’alba il sole le sorprese e furono costrette a fuggire e con i loro piedi caprini, nella loro folle corsa, segnarono per sempre la parete del Monte Vettore, creando quella che tutt’oggi viene chiamata “la Strada delle Fate”.
Ogni paese (Castelluccio, Pretare, Rocca, Foce) ha la sua variante della leggenda e la sua Strada delle Fate. Ne esistono molteplici varianti per il semplice motivo che queste storie fantastiche sono tramandate oralmente da secoli e quindi ogni luogo inevitabilmente ha la sua variante. A Pretare (versante di Arquata del Tronto) ogni tre anni, dal 1956, si rappresenta lo spettacolo della Leggenda delle Fate con una splendida e suggestiva rappresentazione teatrale alle pendici del Vettore che qui mostra tutta la sua imponenza, con le grandiose pareti del versante sud. Nel giorno della festa di san Rocco un gruppo di giovani fanciulle, vestite da fate, raggiunge la piazza del paese e dà inizio alle danze.

La “strada delle Fate” è un sentiero in totale abbandono e praticamente sconosciuto dalla cartografia ufficiale dei Monti Sibillini, visibile solo in alcuni tratti. Non ha nulla a che vedere con la faglia apertasi dopo il terremoto di magnitudo 6,5 del 30 ottobre 2016 anche se la nuova frattura, che taglia orizzontalmente la montagna dal sentiero di Forca di Presta al vicino Monte Porche, in parte si sovrappone.

Il terremoto del 30 ottobre ha prodotto almeno 15 km di scarpata di faglia tra Arquata del Tronto e Ussita. Le rotture cosismiche avvengono in corrispondenza di faglie geologiche attive che, nel caso di questa sequenza, formano il sistema Vettore-Porche-Bove, già noto ai geologi italiani. Il ripetersi di terremoti successivi lungo le stesse faglie porta all’accumularsi delle deformazioni che sono alla base della crescita delle montagne e dell’ampliamento dei bacini, una delle forze guida principali dell’evoluzione del paesaggio di questo bellissimo settore dell’Appennino centrale.