Il piccolo abitato di Castelluccio era servito da un sentiero dove un paio di buoi potevano tirare un carretto. Tracciato da secoli, fu perfezionato nel millecinquecento come strada militare. Nei periodi invernali era facile che la stradina non fosse transitabile a causa della neve, così la gente del paese si rintanava in casa insieme alle provviste e alle pecore. Al parroco fu imposto ”l’obbligo di suonare i sacri bronzi”, cioè le campane della chiesa, allo scoppiare di ogni bufera di neve: solo così si poteva indicare la strada agli sfortunati viandanti. In tempi antichi, se qualcuno si ammalava, i castellucciani correvano a prendere la lettiga attrezzata per il traino a mano, poi sceglievano cinque o sei uomini tra i più robusti che, con gli sci ai piedi, trascinavano il malato fino all’ ospedale di Norcia, sfidando neve e vento lungo il sentiero. Il vescovo di Spoleto saliva al borgo a cavalcioni di un mulo solo all’inizio della primavera; persino il postino arrivava quando glielo permettevano gli sci o le zampe del suo maremmano, fedele compagno addetto al trasporto delle bisacce.
E’ stato solo nel 1956 che la Provincia ha provveduto a realizzare la prima strada che ha consentito di rompere l’isolamento millenario, così che l’antico sentiero, pur percorso da secoli, ha perso ogni interesse. Oggi è un percorso da trekking di circa 15 km per 950 m. di dislivello, che attraverso il Fosso dell’Inferno, il Monte Ventosola, il Malpasso, la Valle Caprelli conduce al paese.