Maggio è il mese dei narcisi che insieme ai ranuncoli segnano l’inizio della primavera, che qui inizia in questo mese.
Il narciso comune è detto Narciso dei Poeti in onore della bellezza e del profumo del fiore che lo rendeva particolarmente amato dai poeti.
Il bulbo della pianta è molto tossico per la presenza di narcissina, un alcaloide in grado di uccidere anche in dosi minime e questo può spiegare l’improvviso decesso di alcuni animali al pascolo nella zona ove è presente.
Il nome narciso deriva dal greco “narkissos” che deriva da “narke”, cioè stordimento o paralisi in quanto gli antichi credevano che il profumo del fiore avesse proprietà ipnotiche.
La sua fama è legata al mito di Narciso, figlio del dio del fiume Cefiso e della ninfa Liriope, bellissimo e desiderato da tutti. Liriope, volendo salvaguardare la bellezza del giovinetto, si recò dall’astrologo Tiresia che, dopo aver consultato l’oracolo, le disse: Narciso vivrà molto a lungo e la sua bellezza non si offuscherà, ma il giovinetto non dovrà più vedere il suo volto.
La profezia di Tiresia si avverò: Narciso restò per sempre adolescente, mantenendo intatta la sua bellezza che svegliava i più teneri sentimenti nelle ninfe che l’avvicinavano.
Ma lo splendido ragazzo sfuggiva il mondo e l’amore e preferiva trascorrere il tempo passeggiando da solo nelle foreste sul suo cavallo oppure andando a caccia di animali selvatici.
Un giorno, mentre cacciava, sentì rimbalzare tra le gole della montagna una voce che si esprimeva in canti e risate. Era Eco, la più incantevole e spensierata ninfa della montagna che, al solo vederlo, s’innamorò perdutamente di lui. Ma Narciso era tanto fiero e superbo della propria bellezza, che gli pareva cosa di troppo poco conto occuparsi di una semplice ninfa. Non così era per Eco che da quel giorno seguì il giovinetto ovunque andasse, accontentandosi di guardarlo da lontano. L’amore e il dolore la consumarono: a poco a poco il sangue le si sciolse nelle vene, il viso le divenne bianco come neve e, in breve, il corpo della splendida fanciulla divenne trasparente al punto che non proiettava più ombra sul suolo.
Affranta dal dolore si rinchiuse in una caverna profonda ai piedi della montagna, dove Narciso era solito andare a cacciare. E lì con la sua bella voce armoniosa continuò a invocare per giorni e notti il suo amato. Inutilmente perché Narciso, che pur udiva l’angoscioso richiamo, non venne mai. Della ninfa rimasero solo le ossa e la voce. Le ossa presero la forma stessa della caverna ove il suo corpo era rannicchiato e la voce visse eterna nella montagna. Da allora essa risponde ai viandanti che chiamano ma è fioca e lontana e ripete solo l’ultima sillaba delle loro parole.
Gli dei vollero allora punire Narciso per la sua freddezza e insensibilità e mandarono Nemesi, dea della vendetta, che fece si, con un malefico sortilegio, che mentre si trovava presso una fonte e si chinava per bere un sorso d’acqua, nel vedere la sua immagine riflessa immediatamente il suo cuore iniziò a palpitare e a struggersi d’amore per quel volto così bello e sorridente.
Non consapevole che aveva di fronte se stesso, ammirava quell’immagine e mandava baci e tenere carezze e immergeva le braccia nell’acqua per sfiorare quel volto ma l’immagine scompariva non appena la toccava.
Rimase a lungo Narciso presso la fonte cercando di afferrare quel riflesso senza accorgersi che i giorni scorrevano inesorabili, dimenticandosi di mangiare e di bere, sostenuto solo dal pensiero che quell’immagine gli sfuggisse per sempre.
Alla fine Narciso morì, presso la fonte che gli aveva regalato l’amore. Quando le Naiadi e le Driadi andarono a prendere il suo corpo per collocarlo sulla pira funebre, al suo posto fu trovato uno splendido fiore bianco che da lui prese il nome di Narciso. Questa mitica storia, nei millenni ha attraversato le culture ed è diventata un disturbo, una sindrome, un atteggiamento sociale di chi si ferma all’apparenza senza cogliere la sostanza, di chi si ritiene al di sopra delle parti e di questo ne è compiaciuto. Narciso sa amare solo se stesso e tiene fuori dalla sua affettività il resto del mondo, non si apre all’altro, non vuole correre il rischio di tradire se stesso. Per Eco il discorso è diametralmente opposto, vive l’assoluta alterità, esiste solo in funzione di ciò che prova per l’altro, e quando non viene corrisposta, la sua vita perde ogni significato, senso o scopo, non le rimane altro che lasciarsi morire. Narciso ed Eco, la pura, totale identità contro la pura totale alterità che rende impossibile la comunicazione…..sempre attuale!