Il Monte Primo (1299m.) è l’ultimo dei monti della catena che, partendo da Mont’Igno (1437m.), separa il camerinese dall’altopiano di Montelago, formando un naturale percorso di cresta altamente strategico e di controllo visivo su tutto il territorio circostante.
Alle pendici del suo versante settentrionale scorre il fiume Potenza, incuneato in una stretta gola tra i due massicci calcarei di Monte Primo e di Monte Gemmo, in un punto obbligato di passaggio lungo una delle principali direttrici viarie transappenniniche che collegavano in età protostorica il versante adriatico con il versante tirrenico.
Sulla vetta si evidenziano chiaramente tracce di fortificazioni che delimitano superfici terrazzate concentriche. La sua frequentazione, sebbene fosse un luogo di difficile accesso ma dominante, era legata a motivazioni religiose e politiche soprattutto nell’Età del Bronzo. Un luogo di culto connesso a cerimonie durante le quali si facevano offerte votive gettando animali e vasi sul fuoco per propiziarsi le divinità celesti.
La via più facile per raggiungere la vetta parte dall’altopiano di Montelago, con la dura salita per il Monte di Mistrano (le “Poccette”) e il Pian di Morri, e l’ancora più dura erta finale con la croce a dettare la giusta direzione.
I piani di Montelago sono contenuti in una suggestiva conca, sita a circa 900 m di quota, l’origine della quale è da attribuirsi all’attività tettonica di faglie recenti. Esse hanno prodotto lo sprofondamento della zona centrale rispetto alle parti rilevate creando così le condizioni per la formazione di un bacino lacustre, ancora presente in tempi storici.
La bonifica del piano superiore e del lago residuo si deve a Giulio Cesare da Varano, signore di Camerino, che l’avrebbe attuata dopo il 1458, abbattendo la barriera naturale di roccia che separava i due piani del lago. Col taglio artificiale, attraverso il quale corre oggi la strada, si favorì il deflusso delle acque dal piano superiore a quello inferiore dove vengono assorbite tramite inghiottitoi. Per l’elevato interesse ambientale che l’area rappresenta dal punto di vista vegetazionale, faunistico e geologico (nel bacino superiore è presente l’unica Torbiera delle Marche) è sia un’Area Floristica Protetta (numero 64) che un sito di Interesse Comunitario e una Zona di Protezione Speciale.
Questa proposta è finalizzata al raggiungimento della vetta, particolarmente impegnativa per l’estrema ripidezza del tratto finale dell’ascesa, ma permette anche di assaporare le particolarità di questo territorio con una breve estensione verso il Monte Sardigliano e la Costa della Tana.