La Val di Tenna è sempre stata un passaggio obbligato per l’attraversamento dell’appennino. Era la via più breve e accessibile usata dagli Etruschi, i Romani e tutte le popolazioni che per necessità dovevano attraversare l’Appennino. Fu anche territorio di aspre contese fra Visso e Montemonaco per i ricchi pascoli della Valle Lunga e di Capotenna. Le gole formate dal fiume Tenna, chiamate dell’Infernaccio, sono tra le più suggestive di tutto l’Appennino. Anticamente l’Infernaccio era chiamato Golubro”, dal latino “Gula che significa gola e “Lubricum” che significa scivolosa e impenetrabile. Inizialmente non c’erano ancora le vie consolari e per gli spostamenti si seguiva il corso dei fiumi. La strada che attraversava la valle scendendo da Passo Cattivo, non potendo attraversare l’Infernaccio, passava per un pianoro dove i Romani edificarono un tempietto pagano. Sulle rovine di questo i monaci farfensi costruirono, anteriormente all’anno mille, un monastero benedettino, San Leonardo al Volubrio (da Volubrium, cascata), in seguito fortificato dagli abitanti di Montemonaco a protezione dei pascoli contesi, in risposta ai vissani che avevano come avamposto il piccolo castello di Labro a Capotenna. Nel XII sec. qui vi risiedeva in pianta stabile un Priore e sei monaci Camaldolesi che trasformarono questo angolo in un centro di fede, cultura e sviluppo che per secoli “illuminò” il cammino di molti popoli e pellegrini diretti a Roma.

Il monastero fu a lungo un luogo importante, specie per tutto il Medioevo, ma fu abbandonato nel 1572 in quanto ormai scomodo e pericoloso. Nei secoli fu utilizzato come fienile, ricovero per animali e deposito per attrezzi fino a cadere sempre più in rovina. Nel maggio del 1971, dopo aver ricevuto in dono il rudere dai figli del Senatore Albertini, ultimi proprietari del monastero, il francescano Padre Pietro Lavini ne iniziò la ricostruzione che portò a termine poco prima della sua morte, il 9 agosto 2015.

Nel romanzo di Andrea da Barberino, “Guerino detto Meschino”, il protagonista parte per l’ascesa alla Sibilla, alla ricerca delle sue origini, attraversando proprio la Gola dell’Infernaccio (Ivi cominciò a scorgere dinanzi a sé un sentiero sassoso, dirupato, con grandi e profonde valli nell’interno, e oltre a ciò terribili precipizi dei quali scorgeva il fondo…..), alloggiando per una notte nel romitorio di San Antonio Abate, esistito tra il 500 ed il 1000 d.C. a “Capotenna”, probabilmente sul poggio dove ora sorge il “Casale Rosi” (Partito adunque cominciò andare su per l’alpi, e tutto il resto del dì penò per andare quattro miglia per luoghi selvatici ed aspre selve, e più andando a piedi che a cavallo. La sera quando il sole fu oscurato, giunsero ad un romitorio grande, che era tra due cime di monte …..).

Fu una ditta di S. Severino Marche a violare per prima il “Golubro” nel 1820 costruendo un piccolo ponte di legno, appena dopo il dorso della frana, per facilitare il trasporto della legna dal bosco di Meta. Fu in seguito costruito un muraglione che costeggia il Tenna fino alle “Muline” , un luogo dove i monaci avevano costruito un piccolo mulino per macinare i frutti del loro lavoro, e un tunnel artificiale costruito per agevolare il trasporto di mezzi e bestiame. Nel 1968 si rischiò l’apertura di una strada turistica che avrebbe dovuto attraversare la valle, dalle Gole dell’Infernaccio a Capotenna, ma il progetto fortunatamente non ebbe seguito, anche e soprattutto per la pericolosità del tracciato.

La zona infatti è soggetta a numerose valanghe, anche di grosse dimensioni, che cadono soprattutto all’interno della gola, una delle quali nel 1979 uccise due ragazzi che vi si erano recati per pescare. I crolli lapidei e le grosse frane provocati dal sisma del 2016 hanno inoltre sbarrato il corso del fiume Tenna creando un suggestivo laghetto dalle acque cristalline, subito battezzato “il laghetto della Sibilla”. La natura segue quindi il suo inevitabile corso e la valle continuerà a cambiare la sua forma e con essa il paesaggio, ma la sua storia millenaria ci insegna che l’ingegno e l’operosità umana hanno sempre avuto il sopravvento su ogni tipo di avversità almeno fino a quando rimarrà accesa la fiamma dell’interesse per questi luoghi e il sentimento prevarrà sulla ragione.